«A che serve dire a una nave come manovrare per evitare collisioni, se la nave è una vecchia carretta sgangherata e non è in grado di farlo? A che serve redigere, sulla carta, regole di comportamento sociale, se sappiamo che di fatto la nostra avidità, pusillanimità, intemperanza, presunzione, ci impediranno di osservarle? Non mi sogno di dire che noi non si debba riflettere, e strenuamente, per migliorare il nostro sistema sociale ed economico. Dico che tutta questa riflessione sarà purissimo fumo finché non ci renderemo conto che soltanto il coraggio e l’altruismo individuale possono far funzionare bene un sistema qualsiasi. È abbastanza facile eliminare le forme particolari di disonestà e di prepotenza che fioriscono nel sistema attuale: ma finché gli uomini saranno disonesti e prepotenti, troveranno un altro modo per continuare, nel nuovo sistema, il vecchio gioco. Non è possibile rendere buoni gli uomini per legge; e senza uomini buoni non si può avere una società buona. Ecco perché occorre riflettere […] sulla moralità interna individuale» (C.S. Lewis, Il cristianesimo così com’è (1997), Adelphi, Milano, p. 92).

«Noi giudichiamo e distinguiamo il bene e il male avendo in mente alcuni eventi o alcune persone, assenti nel tempo e nello spazio, che sono diventati un esempio. E di esempi del genere ve ne sono tanti. Possono essere tra le figure di un passato ormai remoto e possono essercene tra persone che ci vivono accanto. Non c’è bisogno poi che si tratti di persone realmente esistite […] con chi desideriamo stare in compagnia? Ho cercato di mostrarvi che la nostre decisioni sul bene e sul male dipendono dalla scelta dei nostri compagni, di coloro con cui vogliamo passare il resto dei nostri giorni. E anche qui, questa compagnia è scelta pensando a certi esempi, all’esempio di persone vive o morte, reali o irreali, e all’esempio di eventi passati o presenti […] Ma il caso più plausibile e frequente, purtroppo, è quello di coloro che vengono a dirci che non importa, che qualsiasi compagnia andrà bene. Sul piano politico e morale, questa indifferenza, benché comune, è a mio avviso il pericolo maggiore che possiamo correre. E associato a questo, si profila oggi un altro pericolo, grave forse quanto il primo, ossia quella tendenza, così diffusa, a non voler giudicare affatto. Dalla volontà o incapacità di scegliere i propri esempi e la propria compagnia, così come dalla volontà o incapacità di relazionarsi agli altri tramite il giudizio scaturiscono i veri skandala, le vere pietre d’inciampo che gli uomini non possono rimuovere perché non sono create da motivi umani o umanamente comprensibili» (H. Arendt, Alcune questioni di filosofia morale, trad. it. Einaudi, Torino 2006, p. 111).